Lino Lomi ha fondato Enegreen nel 2005, quando il tema della transizione energetica non era ancora un hype
Enegreen è un’azienda specializzata nella riqualificazione energetica e nel miglioramento della classe sismica degli edifici civili e industriali. È stata fondata nel 2005 dall’imprenditore lodigiano Lino Lomi, oggi presidente dell’azienda, e da sua moglie Giusy Bianchi, attualmente responsabile della tesoreria, con l’obiettivo di supportare le aziende lombarde nella transizione alle energie rinnovabili.
Vent’anni fa, quello della transizione energetica non era certo un tema così in voga: cosa vi ha portato a sceglierlo come core business?
Lomi: «Se vuole la sincera verità è che dovendo iniziare una nuova attività, io e mia moglie siamo andati a cercare un settore non ancora troppo esplorato, volevamo entrare in un mercato nuovo. Poi si può anche dire che siamo stati visionari, che abbiamo intravisto il futuro, ma allora è stato più che altro un azzardo».
Il Ceo di Enegreen Fabio Ferrari sottolinea: «A rigor del vero, la scelta del settore energetico nasceva dal fatto che il dotto Lomi aveva una lunga esperienza manageriale».
L.: «Nel mondo energetico sicuramente sì, però la nicchia che bisognava prendere è stata una scelta: andiamo a prenderci qualcosa che non è coperto, che nessuno conosce: il fotovoltaico. Lasci che le racconti un aneddoto. All’inizio andai da un amico, un agricoltore molto importante, con diverse cascine.
Passai una serata con lui a parlargli del fotovoltaico e dei vantaggi che gli avrebbe portato. A fine serata, sulla porta di casa, mi dice: “ma quindi, fai il fotografo?”. Questa era la conoscenza del fotovoltaico nel 2005.
Il tema ambientale non era certo sentito, si doveva puntare sul vantaggio energetico, anche se non era così convincente. Le cose sono cambiate intorno al 2009, 2010: è aumentata la conoscenza del fotovoltaico e le banche hanno iniziato a semplificare i finanziamenti per gli impianti».

Possiamo dire che è cambiato anche l’approccio delle aziende: quello che un tempo veniva percepito come un costo da sopportare malvolentieri oggi è considerato un investimento.
L.: «Le aziende lo hanno capito, il problema è che non l’ha ancora capito chi ci governa. Basti pensare che con l’industria 5.0 l’impianto fotovoltaico viene considerato come un trainato: significa che prima si deve fare tutto il resto e poi pensi agli impianti fotovoltaici. Il settore può avere sviluppi importanti solo se è sostenuto».
F: «Oggi il fotovoltaico è un nice-to-have, non un must-have, sia a livello aziendale sia a livello di privati. Eppure, basterebbe spiegare l’importanza e l’impatto del fotovoltaico. Avere una caldaia vecchia è come avere un motore diesel nel cortile che gira tutto il giorno e tutta la notte, solo che non ce ne accorgiamo perché gli scarichi escono dal tetto.
Nessuno vorrebbe avere un motore diesel in cortile. È necessaria una spinta comunicativa reale da parte di chi fa le norme, che le può supportare anche dal punto di vista economico e finanziario».
Per fornire uno spaccato della situazione del settore, Lino Lomi porta un esempio legato al settore delle caldaie.
«L’amministratore delegato di Imergas, seconda azienda produttrice di caldaie e pompe di calore ibride in Italia, mi ha detto che nel 2023 sulle pompe di calore ibride ha registrato un meno 70 per cento.
E le pompe di calore ibride sono la soluzione attualmente praticabile per abbattere le emissioni, perché per il full electric sarebbe necessario rifare da zero l’impianto con costi troppo elevati. È un dato drammatico.
Intanto si cerca di capire se ci saranno degli incentivi, anche perché, dal primo gennaio 2025, per una direttiva europea le caldaie vecchio stile non saranno più prodotte.
E allora, cosa dobbiamo produrre? Per le caldaie a idrogeno non siamo pronti. Bisogno puntare sull’ibrido, ma deve essere incentivato e deve offrire vantaggi reali per il privato. Ci vuole un Green Deal vero, a livello europeo».

In questo contesto confuso, c’è il rischio che si torni alla percezione del 2005: il fotovoltaico e gli interventi per il risparmio delle emissioni sono un costo che si sopporta malvolentieri e, se possibile, si vuole evitare?
L.: «Ci vuole una comunicazione chiara sul tema. Se si facesse chiarezza, tutti vorrebbero il fotovoltaico. Ma gli interventi hanno costi significativi, per massimizzare l’impatto sono necessari interventi di ristrutturazione degli immobili. Quindi serve chiarezza sugli effettivi benefici e incentivi a sostegno della transizione».
Dal 2013, Enegreen ha ampliato la propria offerta al mercato residenziale e commerciale, proponendo soluzioni per l’efficientamento energetico dei privati.
Quali sono gli interventi necessari per ottenere vantaggi significativi?
L.: «Non basta il fotovoltaico, è necessario coibentare l’immobile: Il cappotto certo, ma bisogna pensare al sottotetto, agli infissi. Anche le tende giocano un ruolo importante. Ma un intervento sugli immobili privati permetterebbe di ottenere un abbattimento delle emissioni di quasi il 50 per cento. Ecco perché dico che è importante intervenire e prevedere degli incentivi».
Sicuramente gli incentivi del Superbonus nel vostro settore si sono fatti sentire. Quali sono stati i focus principali che affrontato nell’ultimo periodo?
F.: «Ci siamo concentrati principalmente sui privati e sulla casa, perché è il settore che ha avuto il maggiore impulso con il Superbonus e perché se parliamo di CO2, le case vecchie sono tra le principali cause di emissioni. Siamo intervenuti tanto dal punto di vista energetico quanto sulla coibentazione e l’isolamento degli immobili.
Interventi di questo tipo permettono non solo un miglioramento della classe energetica, ma anche un aumento del valore dell’immobile. Quindi, nell’ultimo periodo, la nostra è stata un’attività casa dopo casa e per il futuro continuerà ad essere il nostro principale obiettivo, in linea con le direttive europee sulla casa green».
Con la fine del Superbonus la richiesta è rallentata? Come si fa a mantenere il cammino intrapreso?
F.: «Questo è un punto interessante. Inizia ad esserci una grande apertura da parte dei privati, che prendono appuntamenti, si informano tanto sull’impatto ambientale quanto sul risparmio. E da parte nostra c’è un grande sforzo nel fare il più possibile cultura su questi temi.
Ma se l’impatto economico degli interventi diventa importante, rischiamo di tornare alla situazione del 2005, quando il dottor Lomi ha avviato l’attività: si rischia che venga nuovamente visto come un investimento da fare malvolentieri».
Altro tema centrale in questo settore è quello normativo. Voi fornite assistenza anche per quanto riguarda le pratiche amministrative e finanziarie. Ma com’è la situazione?
L.: «Un ginepraio. Occorre una pianificazione, è necessario che ci siano norme chiare, durature, che permettano una pianificazione. Noi possiamo fornire assistenza ai nostri clienti, ma per farlo è necessario avere norme comportamentali chiare».
A livello di tecnologie ci sono stati trasformazioni significative nell’ultimo periodo o il settore è abbastanza stabile?
L.: «Il modulo fotovoltaico ha sempre le stesse misure, un metro per un metro e sessanta. Però oggi produce molto di più: nel 2005 faceva 80 watt, nel 2010 ne faceva 120, oggi ci sono produzioni che superano di 550 watt. Sempre con un modulo di un metro per un metro e sessanta.
Quindi il modulo, all’occhio sembra sempre lo stesso, ma fornisce prestazioni migliori. Stesso discorso vale per gli inverter: le batterie oggi consentono cicli di vita molto più lunghi. Diciamo che il miglioramento c’è dal punto di vista delle performance e dell’efficienza, non c’è un prodotto nuovo, disruptive che ha stravolto completamente il settore».
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