L’intelligenza artificiale giocherà un ruolo primario nell’innovazione tecnologica della città di Milano. L’obiettivo è quello di sviluppare una smart city, ovvero una città 4.0 a tutti gli effetti, ci spiega Layla Pavone, responsabile del board per l’innovazione tecnologica e la trasformazione digitale del comune
Come le grandi città possono migliorare i loro servizi pubblici scommettendo sulle nuove tecnologie?
Nell’epoca delle smart city di cui tanto si parla, sembra un concetto già scontato, eppure il processo è lungo e sembra, per ora, solo al suo avvio, anche in realtà metropolitane avanzate ed organizzate. Non tutte, infatti, le realtà italiane più importanti sfruttano al massimo le potenzialità che smartphone e altri device possono permettere sfruttando l’Internet of Things. La condivisione dei dati raccolti con dipartimenti comunali, registri, servizi e gestionali che riguardano l’amministrazione cittadina è ancora al centro dell’interesse generale, ma forse solo agli inizi del suo effettivo sviluppo.
Fulcro di tutto sono le strategie di pianificazione urbanistica che puntano all’ottimizzazione e all’innovazione dei servizi pubblici offerti dalle singole amministrazioni, le quali sfruttano le potenzialità delle ultimissime infrastrutture tecnologiche per raggiungere la soddisfazione dei cittadini come delle imprese che chiedono sempre più la riduzione delle tempistiche, dei costi e dell’impatto ambientale dei servizi, un maggior monitoraggio in meno tempo e la più alta precisione dei numerosi processi che animano ogni giorno le attività, i servizi e le persone.
Uno dei tessuti urbani più interessanti e maggiormente coinvolti in questa fase, tra le smart cities, è sicuramente Milano (sito web) che – nella sua stessa squadra amministrativa, include persino un board dedicato per l’Innovazione Tecnologica e Trasformazione Digitale. «L’uso dell’intelligenza artificiale naturalmente sarà pervasivo – ci spiega Layla Pavone, coordinatrice a capo di questo settore nel comune meneghino – e verrà utilizzato possibilmente in tutte le piattaforme tecnologiche che Milano avrà. Obiettivo è senza dubbio quello di puntare allo sviluppo di una smart city a tutti gli effetti, intesa anche come città 4.0, pronta ad avere un’unica e fondamentale peculiarità: essere governata e gestita attraverso i miliardi di dati che essa stessa produce quotidianamente, attraverso i suoi stakeholder». Un percorso in continuo cambiamento, progetti che sembrano già funzionare, apripista in un variegato ecosistema di iniziative sul tema.
«L’approccio “data driven” per Milano consente già oggi – e sempre più consentirà – una progettazione urbanistica, una gestione urbana ed una capacità decisionale più efficace ed efficiente, in funzione dei fenomeni e delle necessità che si potranno rilevare, monitorare e governare – continua la responsabile del board per l’innovazione tecnologica del Comune di Milano – permettendo di fare simulazioni e di raggiungere risultati altrimenti difficilmente raggiungibili. Tutto ciò grazie ad algoritmi avanzati, machine learning e intelligenza artificiale che dovranno sempre rispondere con trasparenza ed etica alle necessità delle cittadine e dei cittadini milanesi e dei city user, sempre al centro di ogni attività dell’amministrazione del Comune di Milano. Il raggiungimento di questi obiettivi dipenderà anche dall’ecosistema che si riuscirà a creare, dalle competenze e dalle informazioni che pubblico e privato decideranno di condividere.
Imprese, associazioni, terzo settore, università avranno l’opportunità di progettare e disegnare insieme, grazie alle nuove tecnologie e al digitale, una città più inclusiva, più collaborativa, più attenta ai cambiamenti e più vicina alle persone».
Un processo virtuoso e che vuole ispirarsi ad esperienze vissute anche da altre realtà. Molti dei modelli che sono già stati adottati altrove restano, infatti, un elemento di partenza. «Naturalmente siamo attenti a tutto ciò che le altre città mondiali progettano e implementano, pur tenendo conto che ogni città ha le proprie peculiarità, politiche, economiche, urbanistiche, sociali e culturali e non tutte le soluzioni possono essere ugualmente adottate – ci conferma Pavone, in base anche alle esperienze condivise che sono emerse anche durante l’ultima Milano Digital Week – Lavoriamo e collaboriamo in contesti internazionali quali la Cities Coalition 4 Digital Rights, perché è molto importante che ci si muova seguendo e condividendo degli standard a livello internazionale».
Ed è proprio sugli standard di questo ricco cammino – verso una comune piattaforma di algoritmi che regolano le leggi delle nuove tecnologie – che si lavora duramente ma costantemente in Europa. In una sorta di protocollo comune (The Algorithmic Transparency Standard) si procede verso un unico insieme di categorie condivise di informazioni, il più possibile fruibili dalle città, con lo scopo di aiutare i cittadini a capire meglio gli algoritmi utilizzati dalle amministrazioni locali, così come le loro relative finalità. Un dialogo che deve continuare, seppur su territorialità diverse. A fronte di questo sforzo, c’è l’Eurocities Digital Forum, un gruppo di città europee (tra cui Amsterdam, Barcellona ed altre, come esempi in prima linea), uno spazio che promuove la condivisione di una best practice nella sperimentazione di servizi digitali e di nuovi metodi di lavoro per le città, con soluzioni digitali utili ad affrontare le sfide comuni.
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